La dittatura degli algoritmi, solo apparentemente virtuale, “sembra sottindere l’ineluttabilità dell’avvento di un algoritmo assoluto”.
L’algoritmocrazia minaccia pericolosamente il ‘giudizio giuridico’. Essa non è applicabile alla dimensione giuridica. Le condotte umane, imprevedibili e imperfette, derivanti dal libero arbitrio, sfuggono alla serialità propria dell’intelligenza artificiale. I magistrati non potranno mai occuparsi delle leggi che riguardano il non-umano, perché il giudizio giuridico è riferibile unicamente all’intenzionalità soggettiva propria delle persone che appartengono alle comunità sociali.
                          
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