Il libro di Carlo Mazzucchelli 100 strategie analogiche per resistere al digitale (e allo smartphone) è pubblicato nella collana Technovisions di Delos Digital
Ti senti annoiato? Prova a spegnere lo smartphone e scoprirai quante cose puoi fare per non esserlo
L'entusiasmo per i dispositivi tecnologici e le loro APP non accenna a diminuire ma cresce anche il numero di persone annoiate e infelici. Probabilmente rappresentano una moltitudine minoritaria di persone che percepiscono la virtualità del mezzo tecnologico, la superficialità dei social network e la inadeguatezza di entrambi a mantenere alti i loro standard felicitari e a soddisfare bisogni reali eliminando la noia che sempre si manifesta quando le aspettative vengono disattese o frustrate.
Almeno quando sei in bagno evita di fare selfie, non condividerli
Essere annoiati significa sentirsi inappagati per non avere nulla di interessante da fare, privi di motivazioni forti per fare qualcosa di utile, in difficoltà a mantenersi concentrati su qualsiasi cosa e scoraggiati nel continuare ad alimentare l'attività della mente. La dipendenza inconscia dagli strumenti tecnologici impedisce di emanciparsi da essi, dal loro controllo e dominio, di superare e interrompere l'immediatezza del messaggio e la sparizione del tempo in un eterno presente. Un rapporto con il mezzo tecnologico vissuto criticamente può però rafforzare e consolidare la volontà di resistenza e desistenza, incrementando conoscenze che possano facilitare una riflessione critica, un uso consapevole del mezzo tecnologico con l'obiettivo di scovare possibili vie di fuga dai suoi effetti, noia e frustrazione comprese.
Una possibile via di fuga è provare a uscire dai confini abitudinari, familiari e ovvi delle pratiche tecnologiche esercitate online, mettendole in discussione per la loro incapacità di generare senso di meraviglia, avventura, sorpresa, curiosità e interesse culturale, tutti elementi in grado i eliminare la noia emergente. Il mondo dentro la rete è diventato un acquario-mondo dentro il quale tutto è già noto ed esplorato. Una realtà che molti internauti e social networker percepiscono come dettata dalla trasparenza assoluta delle piattaforme digitali abitate e dalla facilità con la quale si superano tutti i limiti di tempo e di spazio.
La noia che cresce dentro questi spazi è paragonabile a quella che probabilmente sperimentano tutti i pesciolini colorati che vengono imprigionati dentro un acquario di casa. Vorrebbero tanto riscoprire l'ignoto dei fondali australiani dai quali sono stati allontanati ma si ritrovano a ripercorrere ininterrottamente gli stessi percorsi, dentro uno spazio delimitato e noto, per ore, giorni, mesi e per sempre. Vorrebbero attraversare il confine che separa il noto dell'acquario e la noia che produce, dall'ignoto avventuroso del mondo esterno, ma il senso di impotenza e di fragilità percepito non facilita alcuna scelta coraggiosa, favorisce al contrario l'inazione, il nichilismo e la rinuncia a lottare per scappare.
Rinunciano a scappare anche molti pesci umani imprigionati negli acquari digitali. Al di fuori dei loro mondi virtuali percepiscono il vuoto e il non senso. Dentro l'acquario digitale, avvolti da acque che i cambiameni climatici mantengono calde, accettano spossati e senza resistenza la prigione (SPA) tecnologica e virtuale con la sua dose quotidiana di angosce e di noia.
Una noia che si manifesta come inadeguatezza e insufficienza. Un'assenza di realtà, determinata dalla frequentazione di oggetti virtuali e digitali e nella diffusa percezione che i rapporti con sé stessi e con gli altri siano superficiali, quantitativi e/o inesistenti. Ad alimentare la noia non è solo il contesto dei vari microcosmi abitati online ma le ripetitività delle forme di interazione (taggo, cinguetto, condivido, gratifico, ecc. sempre con un click), la velocità delle reazioni-controreazioni, la superficialità del gesto, la numerosità omofiliaca dei contatti, la similarità condivisa delle pratiche online e la difficoltà di ottenere risultati concreti.
Per non farsi mangiare dalla noia e dalla nausea che la potrebbe accompagnare bisogna ideare vie di fuga, rimettersi in viaggio, abbandonare l'acquario e affrontare nuove odissee che portino a esplorare il mare aperto navigandone le profondità, a contatto con oggetti e realtà fisiche. Se ci si sente impossibilitati a farlo o impauriti, una via di uscita è riconoscere la propria noia, senza subirla ma vivendola come componente fissa del nuovo essere virtuale e digitale. È ciò che gia fanno molti abitanti della Rete, in particolare quanti sono stati identificati come Hikikomori.